Nel celebre testamento di Eberardo marchese del Friuli († 864-866), tra i numerosi libri che il nobile franco possedeva e divise tra i propri figli compare anche, e anzi per primo, uno «psalterium nostrum duplum», destinato a suo figlio Unroch. E doppio è, in effetti, questo salterio, che riporta una di fronte all’altra, le due traduzioni latine dei salmi curate nel IV secolo da Girolamo: da una parte quella a partire dal testo greco dei Settanta e dall’altra quella fornita direttamente dal testo ebraico. L’eccezionalità di questo codice è segnata da numerosi aspetti. Uno è sicuramente la sua antichità: la letteratura è concorde nel datarlo all’VIII secolo, forse alla seconda metà, ciò che lo rende, tra l’altro, uno dei più antichi esempi di salterio doppio. Il codice è sicuramente il prodotto di uno scriptorium francese, che potrebbe essere identificato nei monasteri di Chelles e di Corbie. Ulteriore elemento di eccezionalità del codice è proprio una nota, che si riferisce al possessore del libro, e per questo celeberrima. Sul f. 236v si legge infatti il nome di «evvrardus». Gli studiosi hanno concordemente riconosciuto in questa nota il nome del marchese Everardo. In epoca moderna il codice appartenne a Cristina di Svezia (1626-1689) e, dal 1690, i assieme agli altri libri della regina, andò a costituire uno dei principali fondi della Biblioteca Vaticana.