- XIII-XIV sec. (post 1291); membr.; mm 360 × 250; ff. I, 348, I’; notazione quadrata su tetragramma rosso.
- Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale. Archivi e Biblioteca, codice LVI.
Scritto per la chiesa di Cividale, di cui si ricorda la festa della dedicazione, il codice testimonia l’influsso della tradizione germanica sulle melodie dell’area friulana.
Dopo la “Rubrica libri chori domini decani” (elenco dei canti per le messe di alcuni santi: Tommaso Becket, Floriano, Canzio Canziano e Canzianilla …, f. 2r), segue il graduale con il temporale e il santorale integrati. Sono presenti tropi (f. 6r); messe dei defunti, votive e per diverse circostanze (de sancta Maria, pro pace…); alcuni Alleluia (f. 212r); kyriale con brani tropati e polivocali (f. 223r); tropario: Benedicamus Domino e responsori (f. 247r-260v); Sequenziario (f. 261r-347v). Il codice risale al periodo a cavallo tra XIII e XIV secolo. La sua origine cividalese risulta dalla data della dedicazione della chiesa collegiata (1 luglio) e dalla particolare serie degli Alleluia della Messa condivisa con altre fonti locali. A f. 216v una rubrica introduce l’alleluia Felix corpus, da cantarsi nelle messe della Madonna, e ne attribuisce la composizione al cardinale domenicano e musico Latino Malabranca († 1294): Istud alleluia fecit frater Latinus fratrum praedicatorum venerabilis cardinalis Hostiensis et Velletrensis episcopus. Nel repertorio degli alleluia di Cividale LVI si trovano altre melodie interessanti e molti tropi che riprendono interamente la melodia alleluiatica. Questi sono facilmente riconoscibili perché sono sillabici, presentano cioè di solito un’unica nota su ciascuna sillaba, mentre le sezioni dell’Alleluia originale sono fiorite e melismatiche con più note e interi vocalizzi (melismi) su alcune sillabe. Una rubrica del codice ricorda un particolare della prassi esecutiva: il tropo è cantato da due cantori sul pulpito che si trova al centro del coro, mentre le parti dell’Alleluia sono cantate dai chorarii (f. 148r). Da notare, ancora, la variante do do (invece di si si presente sempre sia nell’Alleluia sia nei paralleli del tropo) alle celle 140 e 141 nel codice LXXIX: l’elevazione alla terza minore invece della seconda (la do invece di la si) è un chiaro segnale della familiarità con il cosiddetto dialetto germanico che ha lasciato una profonda impronta nelle melodie trasmesse in area friulana e alto-atesina.