Il frammento udinese è quanto rimane di un grande codice biblico (per analogia con prodotti simili, lo immagineremo come la solita grande Bibbia completa in un solo volume). Esso trasmette, al recto, la porzione finale della lettera paolina agli Efesini e l’elenco dei capitoli della lettera ai Colossesi, il cui testo, noi diremmo a pagina nuova, principia regolarmente con la prima colonna del verso. Sia la scrittura corrente, una regolarissima tarda carolina, sia le scritture distintive, che appaiono desunte da un sistema di capitali già romanico, sia la decorazione, qui testimoniata dalla grande P incipitaria della lettera ai Colossesi, identificano nel codice testimoniato dal frammento uno di quei prodotti eseguiti a imitazione del paradigma delle bibbie atlantiche che comparvero tra il principio e la fine del secolo XII in gran parte dell’Italia centro-settentrionale, con punte di qualità superiore in Toscana. Se nulla di più preciso può dirsi circa genesi e storia remota di questo codice perduto, una parola più certa può spendersi sulla sua fine. Il suo smembramento avvenne, infatti, plausibilmente un po’ prima del 1574, quando la singola carta conservata venne impiegata per rivestire un registro che recava, come intestazione: «1574. | Del nobile S. Ascanio Raimondi cameraro | della veneranda Fabrica». Doveva trattarsi, insomma, di un registro relativo alla magistratura del camerario della Fabbrica del Duomo (probabilmente quello udinese).