Il codice, che contiene un’altra copia dell’Historia Langobardorum, attesta, ancor più del manoscritto conservato presso il Museo di Cividale (cfr. scheda III.1), l’interesse che l’opera di Paolo Diacono suscitò nel Friuli medievale. È vergato da tre mani diverse, che praticano una minuscola carolina databile al X secolo. La presenza di questo libro in regione, e in particolare a Cividale, è documentata in modo continuativo già a partire dagli inizi del XIV secolo: una nota presente al f. 101v informa infatti che «Iste liber est fratris Iacobi ordinis predicatorum conventus Civitatensis», forse lo stesso frate domenicano menzionato assieme ad alcuni confratelli in un documento cividalese del 1309. L’inventario della biblioteca conventuale compilato nel 1440 attesta che il codice era collocata nel settimo banco assieme ad altri quattordici libri per lo più di contenuto grammaticale e destinazione scolastica. Una cospicua serie di note marginali di mani diverse, databili dal XII al XVI secolo, prova che il codice fu letto e studiato in modo abbastanza diffuso, con una certa attenzione ai toponimi locali o a fatti e personaggi connessi con la storia del Friuli. Agli inizi dell’800, dopo la soppressione del convento cividalese, il codice iniziò una serie di peregrinazioni che lo avrebbero condotto infine alla Biblioteca Vaticana.