È quanto rimane di un codice miscellaneo di materia tecnica in antico francese, smembrato nel sec. XVI: un bifoglio centrale nel caso di Vegezio, due bifogli centrali appartenuti allo stesso fascicolo per il trattato di mascalcia, riutilizzati come copertine di protocolli notarili a Varmo negli anni 1550-1555. Del frammento di Vegezio (libro IV, capitoli 25-41 inizio), alcune sezioni risultano completamente delete, ma grazie a quelle ancora leggibili si può cogliere come il copista fosse probabilmente un italiano con buona conoscenza del francese. L’interesse del frammento è costituito dal fatto che testimonia l’esistenza di una versione del testo di Vegezio rimasta sconosciuta. Il libro del nobile maniscalco dell’imperatore Federico II di Svevia sull’arte di allevare e di curare i cavalli, scritto in latino dopo la morte dell’imperatore tra il 1250 e il 1256, è invece uno dei primi testi di valore scientifico dell’Italia medievale, in quanto privo di qualsiasi riferimento a pratiche magiche e a superstizioni. Il testimone udinese, ora ridotto a frammento, analogo a quello di Vegezio per dimensioni, ‘mise en page’, disposizione del testo su due colonne, ma di mano diversa, risulta tra i più antichi del trattato e rappresenta un’ulteriore conferma dell’influenza culturale e linguistica del francese in Italia nel corso del basso medioevo anche per quanto concerne il sapere scientifico.